"rivista a-periodica" scritta e diretta da studenti universitari.

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Terrorismo in sigle
di Rachele Pellegrini

Al-Qaeda, Daesh, Aqi, Isi, Isis, Isil, e Is. Una realtà monolitica o eterogenea? Che differenza c'è?

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Il test di medicina non l'ho capito
di Marco Ridolfi

quello che manca al numero chiuso per poterlo accettare

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L’OTTICA FILOSOFICA
Arte; reale finzione
o finzione reale?


Risposta alla denuncia di Platone

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RITRATTI
Semplicemente
"Il Boss"

Springsteen: il perdente fortunato
che ha conquistato l'America e il mondo

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PER ABITARE LE PAROLE
Noi estranei a noi stessi
"L'étranger" di Albert Camus
e la distanza dall'uomo moderno

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L’OTTICA FILOSOFICA
Fra Tarantino e Seneca
La coreografia della truculenza

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  1. Il mestiere del Fuochista
    obiettivi e motivazioni del progetto

    Nella caverna del mito di Platone i prigionieri guardavano sempre davanti a loro. Se si fossero voltati, si sarebbero accorti che altri uomini stavano proiettando sul muro quelle ombre che avevano scambiato per realtà. Se si fossero guardati attorno, avrebbero scoperto l’inganno. È una lezione valida soprattutto oggi che la frontalità è diventato il modo più comune di rapportarci col mondo.

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    Last Post by Marco Ridolfi il 20 Mar. 2016
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  2. House of Cards - Gli intrighi del potere
    Una serie televisiva che invade la realtà

    Il potere logora chi non ce l'ha.
    Giulio Andreotti


    Negli Stati Uniti, una delle armi politiche più efficaci è, da alcuni decenni, la televisione, magico strumento che permette di arrivare direttamente nelle abitazioni di milioni di elettori. In questi mesi, in cui in America si stanno tenendo le primarie per eleggere i prossimi candidati alla presidenza, non è raro, nelle case dell'Iowa o della California, assistere a spot pubblicitari favorevoli a questo o a quel candidato, con Trump che fa promesse agli xenofobi e alle lobby delle armi, e Hillary che preferisce puntare sui valori della famiglia (tradizionale e non) e del lavoro. Ma tra uno spot politico e l'altro, se ne può osservare uno più rassicurante e colmo di speranza

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    Last Post by Giovanni Giannini il 20 Mar. 2016
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  3. Uomo, una specie bio-culturale.
    Esiste un confine tra quello che è naturale e universale nell’uomo e quello che è convenzionale e variabile? Vediamo quanto natura e cultura concorrano alla costruzione della specie.

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    attualità
    cultura
    By Rachele Pellegrini il 21 Mar. 2016
    0 Comments   84 Views
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    Saremo tutti d’accordo nel costatare che una delle questioni più calde all’interno del dibattito dei nostri giorni sia quella culturale. E sono altrettanto sicura che la mole di immagini, cronache, proposte risolutive, giudizi, analisi e statistiche in circolazione sull’argomento rendano quella a tema culturale, ed in particolar modo quella sullo scontro o incontro tra culture, una discussione talmente ad ampio raggio, ostica e ricca di sfaccettature o interpretazioni possibili, da convincere molti a farla morire sul nascere o ad abbandonarla

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    Last Post by Rachele Pellegrini il 21 Mar. 2016
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  4. M = QI + E
    A qualcuno secondo le sue capacità, a nessuno secondo i propri bisogni

    Il termine “meritocrazia” fu usato per la prima volta dal sociologo britannico Micheal Young, che
    sintetizzò il concetto di governo del merito nella formula M = QI + E ( Merit = QI + Effort ).
    In origine con “meritocrazia” si intendeva una forma di governo dispotico responsabile della
    formazione di una classe sociale dominante, costituita appunto da individui particolarmente capaci
    secondo la valutazione del rispettivo quoziente intellettivo e dello sforzo impiegato nel dedicarsi ad
    un certo tipo di lavoro.
    Anche se negli anni il termine ha sovente acquistato una connotazione positiva, è opportuno
    ricordarne il concepimento e la nascita per distinguere lucidamente tra pari opportunità e
    discriminazione.

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    Last Post by Giulia Bernacchi il 7 April 2016
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  5. "Noi siamo brutti, ma la vita è bella"
    Toulouse-Lautrec a Pisa, un viaggio fin dentro le viscere di Montmartre

    Da poco più di un mese si è conclusa la mostra autunnale organizzata e ospitata dalla Fondazione Palazzo Blu in collaborazione con MondoMostre a Pisa, che ha visto come protagonista il pittore francese Henri de Toulouse-Lautrec (Albi, 24 novembre 1864 – Saint-André-du-Bois, 9 settembre 1901). La mostra (attiva dal 16 ottobre 2015 al 14 febbraio 2016) dal titolo “Luci e ombre di Montmartre” , vede come sua attenta ed esperta curatrice la storica dell’arte e critica Maria Teresa Benedetti.

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    Last Post by Elena Modena il 22 Mar. 2016
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  6. Simone de Beauvoir: donne non si nasce, lo si diventa
    Una filosofia tra pragmatismo e femminismo

    Donne non si nasce, lo si diventa. Così scriveva Simone de Beauvoir nel 1949 nel suo saggio "Le Deuxième Sexe", il secondo sesso. Ma perché 'secondo sesso'? Perché introdurre il concetto di 'gerarchia di sessi'? E' proprio quest'ultimo che la scrittrice intende sfatare.

    La concezione del sesso femminile come secondo, come subordinato, analizzata dall'autrice nell'opera citata, altro non è che la conseguenza di tradizioni sociali, culturali, educazionali, di concezioni stereotipate succedutesi nel tempo ed ereditate dalle varie generazioni. Nel suo saggio, l'attivista per i diritti femminili mostra la totale assenza di differenze sul piano biologico tra i due sessi e, come già accennato, sgretola il mito di 'secondo sesso' derivante dalla tradizione maschilista e sessista: due aspetti che conducono alla rivendicazione di una assoluta parità di uomo e donna sul piano pratico, in particolare su quello lavorativo, aspetto cruciale della filosofia di Simone de Beauvoir.

    Se da un lato vediamo come l'autrice si interessi alla dimostrazione della parità dei sessi da un punto di vista puramente fisico, dall'altro vediamo come metta anche in evidenza un altro aspetto fondamentale, quello secondo cui sarebbero le donne stesse a contribuire alla trasmissione dell'idea della loro natura come 'secondo sesso'. Come leggiamo anche in "Mémoires d'une jeune fille rangée", sarebbe per un fine meramente utilitaristico, per la comodità di un appoggio ai mariti senza la necessità di farsi avanti in prima persona, adagiandosi bellamente sulle certezze della tradizione, ma soprattutto sugli stipendi dei coniugi. L'obiettivo è quello di evidenziare come la concezione diseguale dei sessi implichi conseguenze nella sfera lavorativa: le donne non possono aspirare a qualsiasi impiego, a differenza degli uomini, conseguentemente queste si trovano ostacolate in particolari casi, come quelli in cui intendano essere madri lavoratrici, vista la difficoltà di trovare un aiuto nelle istituzioni per quanto riguarda l'affidamento dei figli durante l'orario lavorativo. Solo a poche è consentita una piena autonomia dal punto di vista privato, frutto di quella sul piano economico e lavorativo.

    Occorre, però, ricordare anche le origini borghesi della scrittrice, radici che sono state nettamente recise al momento dell'inizio degli studi universitari, in coincidenza con l'incontro con Jean-Paul Sartre, avvenimento che porterà non solo al distacco dalla sua famiglia, ma che avrà anche un'influenza fondamentale per lo sviluppo del pensiero di Simone sul piano dell'esistenzialismo. L'allontanamento da 'son milieu bourgeios', dal suo ambiente di provenienza, conduce, dunque, alla piena realizzazione di quanto già manifestato numerose volte durante l'età infantile e l'adolescenza: Simone de Beauvoir, nell'opera ...

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    Last Post by Lavinia Peluso il 22 Mar. 2016
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  7. L'autenticità della copia
    Risposta filosofica ai falsi artistici

    Dalla Grecia Classica fino ai nostri giorni una preoccupazione ha sempre occupato la mente a chi si occupa di critica artistica: "L'opera che sto contemplando è autentica o si tratta solo della perizia di un falsario?". Se ad esempio un antichista, analizzando una scultura di Fidia o Mirone appena ritrovata dovesse scoprire che in realtà si tratta di una raffinata imitazione moderna (e la storia abbonda di questi casi), è certo che egli guarderà con ribrezzo e disprezzo ciò che prima destava in lui la più autentica meraviglia. Ma da un punto di vista specificamente estetico, questo disprezzo è davvero giustificato? Per rispondere consapevolmente a questa domanda è necessario spogliarci dei pregiudizi e rivedere i concetti a cui facciamo ormai passivamente riferimento.

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    Last Post by Tommaso Ghezzani il 23 Mar. 2016
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  8. L'identità: un'ossessione nella misura in cui ci sfugge
    "In quale preciso momento il reale si è trasformato in irreale, la realtà in fantasia? Dov'è la frontiera? La frontiera dov'é?" Milan Kundera

    Vi sono situazioni in cui per un istante non riconosciamo più chi ci sta accanto, momenti in cui l'identità dell'altro si cancella, mentre, di riflesso, dubitiamo della nostra; attimi di smarrimento, in cui il tuo orologio interno si ferma, smette di ticchettare e il respiro ti si blocca a metà gola. Talmente immerso nella commedia che stai recitando, diventato un tutt'uno con la trama che pensavi di conoscere, cosa fai quando qualcuno cambia bruscamente la sua parte? Il silenzio si impadronisce del palcoscenico, il tuo corpo è stranamente intorpidito, come distrutto da quel cambio di ruolo apparentemente banale, sfinito alla fine di una battaglia che non sospettavi neanche di star conducendo; interroghi con gli occhi l'attore accanto a te, lo scruti, cerchi quella sua parte, quel suo essere che ti era così familiare da esser diventato ormai prevedibile e ti rendi conto che è svanito, dissipato nell'aria. A quel punto torni alla realtà, senti di nuovo il tuo corpo, riprendi fiato, guardi il pubblico; le luci puntano dritte e accecanti verso di te, lo sguardo del pubblico punta verso di te, aspetta la tua battuta, la tua reazione, perchè tutto, il tuo e il suo essere, il loro giudizio, dipende da questo: sai la tua parte? Sei sicura che la parte che fino ad ora hai recitato, la stessa che conoscevi a memoria e per cui solo apparentemente non facevi alcuno sforzo fosse veramente la tua? Chi è l'attore al tuo fianco? Ma soprattutto: chi sei tu?

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    Last Post by miam il 30 Mar. 2016
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  9. Il terrorismo in Europa: le sue origini, il nostro futuro
    Quante lacrime dovranno ancora essere versate, quanti corpi smembrati dovremo ricomporre prima che l’Europa trovi finalmente la forza di reagire al terrorismo?

    AvatarBy Alessandro Agnitti il 30 Mar. 2016
    0 Comments   162 Views
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    Risiamo alle solite verrebbe da dire, se non fosse per la natura drammatica degli eventi cui siamo costretti reiteratamente ad assistere. 22 marzo, 13 novembre, 7 gennaio: tutte date destinate forse a rimanere impresse nella mente di tutti noi, a meno che il numero degli attacchi non cresca tanto da rendere vano anche questo esercizio di memoria.

    Quattro mesi hanno cambiato poco, stesso stupore, stessa rabbia, stesse formule di rito pronunciate dalle nostre autorità: “un attacco alla nostra civiltà”, “evento barbaro”, tante parole minacciose ma vuote, utili più ad assecondare lo stato d’animo dei cittadini che non a trovare delle soluzioni concrete. Non mancano ovviamente i commenti di Salvini, oggetto di una attenzione morbosa sia da parte dei suoi sostenitori sia di quei detrattori che paiono vivere per contestarlo, come se l’importante non fosse tanto comprendere gli eventi quanto più tentare di confutare sempre e comunque ogni singola sillaba che esce dalla bocca di tale individuo.

    Quello del terrorismo di matrice islamica continua ad essere un fenomeno mal compreso, pur non essendo affatto qualcosa di nuovo: se dico Torri Gemelle la quasi totalità di noi saprà a cosa mi riferisco, già se parlo di Londra 2005 o Madrid 2004 la memoria di alcuni potrebbe vacillare. Probabilmente pochi invece saranno in grado di ricordare il 26 novembre 2008, quando una serie di attacchi terroristici mieté nella metropoli indiana di Mumbai ben 195 vittime. Per non parlare del 18 luglio 1993, giorno in cui un furgone-bomba rase al suolo un intero centro ebraico a Buenos Aires assassinando 85 persone.

    Due casi che troppo facilmente sono caduti nell’oblio e che tuttavia devono ricordarci come in realtà il terrorismo non debba essere considerato semplicemente uno “scontro di civiltà” o la naturale conseguenza di un Occidente oppressore e guerrafondaio (ormai i miliziani di Dāʿish/ISIS sono soliti ripetere il mantra “noi vi facciamo guerra perché sganciate bombe sulla Siria, e prima della Siria le sganciavate sull’Iraq e sull’Afghanistan”), ma che sia invece un fenomeno che richieda un’analisi più approfondita per essere compreso a fondo.

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    Last Post by Alessandro Agnitti il 30 Mar. 2016
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