1. "Noi siamo brutti, ma la vita è bella"
    Toulouse-Lautrec a Pisa, un viaggio fin dentro le viscere di Montmartre

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    Pisa
    Toulouse-Lautrec
    By Elena Modena il 22 Mar. 2016
     
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    Da poco più di un mese si è conclusa la mostra autunnale organizzata e ospitata dalla Fondazione Palazzo Blu in collaborazione con MondoMostre a Pisa, che ha visto come protagonista il pittore francese Henri de Toulouse-Lautrec (Albi, 24 novembre 1864 – Saint-André-du-Bois, 9 settembre 1901). La mostra (attiva dal 16 ottobre 2015 al 14 febbraio 2016) dal titolo “Luci e ombre di Montmartre” , vede come sua attenta ed esperta curatrice la storica dell’arte e critica Maria Teresa Benedetti.
    Una breve e doverosa introduzione all’artista precede l’allestimento vero e proprio: nel primo corridoio, armati dell’audioguida inclusa nel costo del biglietto, veniamo immersi nella ricca seppur breve (morirà a soli 37 anni) vita di Toulouse-Lautrec. Dalle origini nobili agli studi alle prime esposizioni, l’accento, come anche nel resto della mostra, è posto sui problemi fisici e di salute del pittore: egli infatti, a causa di una serie di malattie genetiche (aggravate dalla rottura di entrambe le gambe), non raggiunse mai il metro d’altezza, soffrì inoltre di alcolismo. Si sente la mancanza, nell’introduzione come nel resto della mostra, di contesto storico che accompagni il visitatore, è necessario e indispensabile inserire l’artista nello scenario della seconda metà dell’Ottocento: la nascita e la diffusione del movimento impressionistico e post impressionistico e le grandi personalità, come Manet, Monet, Degas e Van Gogh (che influenzeranno Lautrec) che lo caratterizzano.

    Prima di tutto, è bene ricordare il tipo di produzione di Henri de Toulouse-Lautrec. L’artista è famoso non solo per i suoi dipinti, in cui si intravedono il realismo di Degas, tracce del movimento simbolista e dello stile di Gauguin, ma soprattutto per i suoi disegni e le sue litografie, ovvero opere, o meglio, stampe e manifesti, realizzati tramite una tecnica di stampa che si avvale dell’uso di un particolare tipo di pietra, acqua, sostanze grasse e inchiostro. Pensando a Lautrec dobbiamo quindi immaginare grandi stampe a colori, testo, linee nette e sinuose.

    Il percorso proposto si divide in cinque sezioni tematiche. La divisione tematica è un’arma a doppio taglio ma, almeno in questo caso, vincente: infatti, pur mettendo in secondo piano l’aspetto temporale della produzione di Lautrec, che pure sarebbe stato poco rilevante, considerando che la sua produzione si concentra nell’arco di circa dieci anni, permette di assaporare il corpus delle opere, e l’epoca che magistralmente descrivono, in un sol boccone, nella sua interezza. Il visitatore non si perde in sequenze di date ed eventi, ma, libero di trovare autonomamente il filo cronologico, viene accompagnato e guidato nelle grandi sale dai colori a tinte forti che divengono cartoline, panoramiche a 360 gradi del Moulin Rouge, della collina di Montmartre, dei cafè-concert e delle maison closes, insomma della Parigi della Belle Epoque.
    La prima parte, introdotta e descritta, opera per opera, (come tutte le altre) da motivi musicali e dalle parole della curatrice, è incentrata su Montmartre e sono due donne le protagoniste assolute raccolta: Louise Weber, detta la Goulue (la golosa) energica e prorompente nell’eseguire il can-can, e la danzatrice Jane Avril, nervosa e sinuosa come lo sgargiante serpente che la avvolge nel suo abito scuro. La seconda sezione, dedicata al teatro, esibisce, oltre alla serie di manifesti per Aristide Bruant, l’essere umano attraverso gli occhi dell’artista, che si rivela in tutto e per tutto attore, caricatura esagerata. La terza sezione si concentra invece sul Lautrec pubblicitario: egli infatti, fin dai primi anni del 1890, si dedica alla grafica pubblicitaria, promuovendo opere letterarie, riviste, prodotti commerciali e testi per musica. Particolarmente degne di nota le dinamiche silhouette stilizzate del cartellone pubblicitario per l’innovativa catena da bicicletta Simpson. La quarta parte, quella forse più emotiva ed emozionante, è incentrata sulle maison closes e, più in particolare, sulla serie Elles (1896), ovvero un gruppo di lavori costituito da 11 litografie colorate, dedicate alla vita delle prostitute nella casa chiusa di rue des Moulins, dove Lautrec ha trascorso, come ospite, alcuni mesi. La quinta ed ultima sezione, fra cavalli, clowns e menù con illustrazioni e caricature, offre un panorama disomogeneo, una serie di litografie di vario argomento e periodo.

    La mostra si conclude con una citazione dall’artista stesso, la medesima che ho scelto per il titolo di questo articolo: “Noi siamo brutti, ma la vita è bella”. Questa frase è il riassunto perfetto dell’intera mostra, una frase che sintetizza malinconia e meraviglia, sofferenza e passione. Lautrec, nel suo “piccolo”, ha ritratto un’epoca attraverso gli occhi di chi l’ha vissuta. Dalle pubblicità ai dipinti, dai manifesti alle litografie più intime, passando per i numerosi album di disegni, i suoi lavori, inconfondibili, eleganti, dal taglio fotografico, hanno raccolto gli sguardi e le pose di uomini e donne stanchi, mesti, abbattuti, inserendoli in un mondo meraviglioso, plasmato dal colore e dalle forme schiette, o ancora, figure dinamiche, vorticose e vitali, che a loro volta colorano e contrastano con il contesto. Lautrec procede per immagini caricaturali e crea descrizioni e scene, per quanto prive di inutili abbellimenti o eccessivi dettagli, risultano estremamente dinamiche, più esaustive di quanto potrebbe essere un testo scritto.

    Elena Modena
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