Dalla Grecia Classica fino ai nostri giorni una preoccupazione ha sempre occupato la mente a chi si occupa di critica artistica: "L'opera che sto contemplando è autentica o si tratta solo della perizia di un falsario?". Se ad esempio un antichista, analizzando una scultura di Fidia o Mirone appena ritrovata dovesse scoprire che in realtà si tratta di una raffinata imitazione moderna (e la storia abbonda di questi casi), è certo che egli guarderà con ribrezzo e disprezzo ciò che prima destava in lui la più autentica meraviglia. Ma da un punto di vista specificamente estetico, questo disprezzo è davvero giustificato? Per rispondere consapevolmente a questa domanda è necessario spogliarci dei pregiudizi e rivedere i concetti a cui facciamo ormai passivamente riferimento.
Per poter esprimere un giudizio sul valore di questa categoria, chiamata
autenticità, in ambito artistico, è prima di tutto fondamentale capire che cosa sia l'arte e quale sia il suo reale scopo (o quanto meno lo scopo “originario“). Se dovessimo appellarci a Batteux, che nel suo trattatato
Le Belle Arti ricondotte ad un unico principio ha fissato definitivamente nella cultura occidentale lo stesso conio di
bella arte, scopriremmo che tutte le arti (dalla pittura, alla poesia, alla danza...) sono finalizzate al raggiungimento della
bellezza. Partendo dal presupposto del filosofo francese, ossia che il prodotto artistico sia finalizzato al raggiungimento della
bellezza, è possibile affermare che
originale e
copia abbiano lo stesso valore. Sia questo sia quella adempiono infatti in egual misura allo scopo dell'arte; entrambi raggiungono la
bellezza. Nessuno potrà dunque affermare che la
copia, nella situazione in cui sia perfettamente identica all'
originale, sia meno
bella, in quanto
copia. Lo stesso Kant nella
Critica del Giudizio, vede l'esperienza estetica svincolata da ogni finalismo e da ogni principio razionale, l'osservatore dunque non ha motivi estetici per dover stimare un
originale maggiormente di una
copia, essendo queste categorie razionali e dunque esterne al mondo puramente estetico.
Nel caso delle arti figurative (pittura, scultura,...) la questione potrebbe però apparire controversa. Una quadro ad esempio ha una sua valenza spaziale e dunque materiale. Una
copia della
Gioconda comporterebbe la perdita dell'
autenticità materiale dell'opera; sarebbe infatti impossibile per un falsario usare gli stessi materiali di Leonardo. Nonostante questo, se la
copia rimane pur sempre perfetta e se ci manteniamo sempre nell'ambito estetico, come detto sopra, l'osservatore può fruire nello stesso modo sia della
bellezza dell'
originale sia della
bellezza della
copia, rendendo inutile l'utilizzo di questa categoria.
E' però inevitabile (e giusto) che gli artisti vogliano tutelare il proprio lavoro. In questo caso il principio di
autenticità diventa fondamentale e sempre dal panorama estetologico (spostandoci dal XVIII verso il XIX secolo) possiamo ricavare solide basi teoriche sull'argomento. Basti pensare a Friedrich Schlegel e alla sua visione dell'arte come espressione dell'
intima interiorità dell'artista. Se dunque consideriamo che il falsario non può esprimere l'
interiorità dell'artista, risulta impossibile poter definire
autentiche le sue copie. Ciononostante, come già detto sopra, uno spettatore non può che percepire la stessa bellezza e dunque anche la stessa "interiorità" contenuta nella copia. Lo scopo dell'
autenticità è dunque puramente etico (non estetico) e consiste nel tutelare il lavoro dell'artista, cui spetta il merito di venire riconosciuto come
Genio Artistico. Sarebbe ingiusto attribuire ad un falsario, imitatore di Michelangelo, il merito e l'abilità di Michelangelo. L'artista infatti sarebbe capace di creare autonomamente altre opere tramite il suo
Genio mentre il falsario, dotato unicamente di una grande abilità esecutiva, non sarebbe in grado di produrre niente senza il possesso di un'opera presistente da prendere come riferimento.
Se da un punto di vista puramente estetico non ha dunque senso parlare
autenticità o
falsità di un prodotto artistico, che in ogni caso investirebbe solo la materialità dell'opera, esteticamente trascurabile; dal punto di vista etico è però fondamentale per serbare la dignità e l'identità dell'artista.
Tommaso Ghezzani