1. Il mestiere del Fuochista
    obiettivi e motivazioni del progetto

    Avatar
    Tags
    blog
    filosofia
    frontalità
    il Fuochista
    socialità
    By Marco Ridolfi il 20 Mar. 2016
     
    0 Comments   239 Views
    .
    Nella caverna del mito di Platone i prigionieri guardavano sempre davanti a loro. Se si fossero voltati, si sarebbero accorti che altri uomini stavano proiettando sul muro quelle ombre che avevano scambiato per realtà. Se si fossero guardati attorno, avrebbero scoperto l’inganno. È una lezione valida soprattutto oggi che la frontalità è diventato il modo più comune di rapportarci col mondo. È infatti la modalità con cui guardiamo ogni tipo di schermo; è la maniera con cui veniamo a contatto con ogni notizia. Ci dimentichiamo di tutto ciò che sta attorno, ci dimentichiamo del contesto. Il Fuochista si fonda sulla considerazione opposta, su quella che per noi è la necessità di “guardarsi attorno”. Quindi, dare una definizione veramente esaustiva di questo progetto non è semplice.

    Si potrebbe iniziare dicendo cosa il Fuochista non è: non è un semplice blog, non è un giornale scolastico o universitario, non è un collettivo. Non è nemmeno una rivista in senso proprio, perché non ha periodicità e non è registrato in nessun tribunale. Dietro ad esso c’è anzitutto la volontà di mettere in atto capacità ed energie nelle forme di espressione più varie. Non solo parole ma anche immagini e musica sono modalità che possono contribuire al nostro tentativo di inquadrare la realtà. Non abbiamo la velleità di portare cambiamenti globali: Cartesio suggeriva di cambiare prima sé stessi dell’ordine del mondo e anche il Fuochista , in questo senso, si rivolge più al singolo che alla “società”, intesa spesso, sulla spinta di un sentimento ostile, come quell’insieme di strutture e meccanismi complicati, quasi incomprensibili, che ci incatenano. Sulla falsariga di quella Legge che Orson Welles ha sapientemente messo in scena nel film il Processo, rieleggendo l’omonimo romanzo di Kafka.

    Ciò non significa che l’elemento della collettività, della socialità, scompaia dai nostri orizzonti, tutt’altro. Se questo progetto è nato, lo si deve prima di tutto al credere nell’efficacia del lavoro di gruppo e nell’utilità delle azioni comuni. È una risposta all’eccessivo individualismo. Questa strada non necessariamente porta ad una collettivizzazione del processo intellettuale: proprio per le diverse anime che questo progetto incorpora e che mantengono la propria identità, crediamo che esso possa arricchire maggiormente sia chi scrive sia chi legge. La riflessione partecipa al livello collettivo; non è solo di tipo personale, interiore. Le relazioni fra il singolo e gli altri infatti sono rilevanti anche nel processo riflessivo. È come uno sviluppo dialettico: parte dall’interiorità dell’individuo, si esterna e si confronta con la dimensione dell’altro ed infine ritorna al singolo, non più solo ma arricchito dall’esperienza di relazione.

    Parallelamente, il processo non ha mai un vero punto d’arrivo. Nessuno vuole predicare la verità, nessuno pretende di avanzare sistemi che inglobino la totalità e di essa forniscano il senso autentico. È piuttosto un invito a fermarsi, a non correre e a prendere il tempo necessario per leggere con un po’ più di attenzione. La nostra proposta è di riflettere, e riflettere assieme, ascoltando più voci e provando a considerare il problema sotto vari aspetti. Per questo è importante la diversità delle opinioni. Il nostro tentativo di dare senso, che non pretende di essere quello giusto, utilizza tutto ciò che permette una chiave di lettura capace di rendere conto della complessità.

    Ci discostiamo quindi da quel tipo di giornalismo che guarda solo a se stesso e non informa. Che lascia al mercato e a logiche pubblicitarie il compito di indirizzare i suoi contenuti. Proprio il tentativo di descrivere la complessità impone un linguaggio adatto ed un metodo aperto. Quindi non esiste propriamente un singolo ambito di cui occuparsi. Nel modo più generale possibile, per citare Hegel, potremmo dire di trattare di “produzioni dello spirito” . Ma forse anche questo potrebbe risultare riduttivo.

    Non bisogna però leggere questa apertura come una dichiarazione di chi vuole trattare di tutto un po’. Gli articoli contengono solo ciò che è rilevante ai fini di una discussione costruttiva, solo notizie collegabili ad una riflessione. Di nuovo, le nostre scelte sono basate sulla dimensione politica in senso lato. Se accettiamo la definizione di Remo Bodei della filosofia come “luogo comune” , allora questo progetto è anche filosofico. Non nel senso di uno stereotipo ma di uno spazio condiviso in cui incontrarsi, fermarsi, parlare, discutere: in una parola dire su ciò che accade, evitando che tutto scorra attraverso di noi indifferentemente.

    Non è un progetto semplice o poco ambizioso. Noi, inoltre, siamo consapevoli dei nostri limiti. Tuttavia, come scriveva Machiavelli, per poter colpire un bersaglio molto lontano, l’arciere non può che puntare la freccia il più in alto possibile. Almeno, ci andrà vicino.


    Marco Ridolfi

    Edited by Marco Ridolfi - 24/3/2016, 21:06
      Share  
     
    .
 
Top