"rivista a-periodica" scritta e diretta da studenti universitari.

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Terrorismo in sigle
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Al-Qaeda, Daesh, Aqi, Isi, Isis, Isil, e Is. Una realtà monolitica o eterogenea? Che differenza c'è?

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Il test di medicina non l'ho capito
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"L'étranger" di Albert Camus
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L’OTTICA FILOSOFICA
Fra Tarantino e Seneca
La coreografia della truculenza

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  1. Stati Uniti: Istruzioni per l'uso
    Una panoramica sulle istituzioni statunitensi, la loro storia e il loro funzionamento

    “We hold these truths to be self-evident, that all men are created equal, that they are endowed by their Creator with certain unalienable Rights, that among these are Life, Liberty and the pursuit of Happiness
    The second paragraph of the United States Declaration of Independence

    Dopo la guerra fredda, l’equilibrio mondiale sembra un miraggio fanta-politico; l’idea di democrazia risulta provata; i sistemi istituzionali che cercano di realizzarla appaiono sempre più fragili. Si discute di Unione Europea; ci si divide sul suo futuro; ci si spacca fra chi sostiene un rafforzamento delle istituzioni comuni e chi delle autorità governative nazionali. In questo senso, le elezioni presidenziali Austriache risultano esemplari e il referendum britannico sarà l’evento che chiamerà direttamente dei cittadini a esprimersi sulla questione.

    Gli Stati Uniti, dal canto loro, fanno sentire ancora la propria influenza. Oggi meritano una particolare attenzione, non solo per le imminenti elezioni presidenziali ma anche per il suo funzionamento, il suo assetto istituzionale e le sue dinamiche interne. In un momento di crisi come questo, quindi, riflettere su quella che sembra una delle democrazie più solide del pianeta non pare fine a sé stesso.

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    Last Post by elenamodena il 8 June 2016
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  2. L'Universalità della Bellezza
    De gustibus non disputandum est?

    Il dibattito sulla bellezza non ha tempo. In ogni epoca gli uomini si sono sempre interrogati su cosa fosse bello e cosa non lo fosse, cercando dei principi per determinarlo; "sono più belle le tragedie di Eschilo o di Euripide?" si domandava Aristofane. "Era più bella Elena di Troia o Lucrezia Borgia?" si chiedevano i cortigiani rinascimentali."E' più bella l'armonia italiana o il contrappunto tedesco?" dibattevano Beethoven e Rossini. L'epoca contemporanea risolve la questione propendendo per una visione semplicisticamente soggetiva della bellezza. Oggetto della trattazione sarà dunque quello di dimostrare il contrario, portando esempi concreti, ed analizzando i problematici effetti nella realtà, nel caso in cui una visione soggettivistica della bellezza diventasse eccessivamente marcata.

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    Last Post by Tommaso Ghezzani il 11 June 2016
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  3. Fake America Great Again
    Cos'è che ha spinto così tanti statunitensi a votare per Donald Trump? Egli rappresenta veramente il sogno repubblicano? Può The Donald diventare Presidente degli Stati Uniti?

    È passato esattamente un anno dal 16 giugno 2015, giorno in cui Donald Trump annunciò la sua candidatura alle primarie repubblicane. Allora quell’annunciò scatenò la gioia di comici e vignettisti, che avevano finalmente trovato il loro bersaglio. Uno dei primi sondaggi, realizzato da Real Clear Politics, assegnò a Trump il favore del 3,6 % degli elettori repubblicani. I vertici del GOP (Partito Repubblicano americano) vedevano di cattivo occhio la sua candidatura.

    Oggi The Donald non solo è il candidato repubblicano alla presidenza degli Stati Uniti, ma, con oltre 13 milioni di elettori, è il candidato che ottenuto più voti alle primarie nella storia del partito repubblicano. Che cos’è che ha spinto così tanti statunitensi, la maggior parte dei quali non vedevano di buon occhio la sua candidatura, a votare per lui? La sua dirompente “spontaneità”? la sua totale assenza di politically correct? Il suo programma radicale e rivoluzionario? Oppure il fatto che si sia, sin dall’inizio, presentato come candidato anti-establishment?

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    Last Post by Alessandro Marchetti il 16 June 2016
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  4. Feel the Bern: come Sanders può cambiare il voto in America
    La candidatura di Hillary Clinton è ormai certa. Mai prima d’ora i democratici sono tuttavia usciti così divisi dalle primarie. Riuscirà Bernie Sanders a dare seguito ai successi riportati?

    Dopo mesi di accesi dibattiti e scambi d’accuse, il Partito Democratico pare aver trovato il proprio candidato: Hillary Clinton ha ottenuto l’ultima (scontata) vittoria nel cuore dell’establishment statunitense, Washington DC, non prima di aver raggiunto la quota 2.383 delegati necessari all’investitura ufficiale che si avrà con la convention democratica di luglio. Una nomination che alcuni mesi pareva certa, ma che ha trovato nel senatore del Vermont Bernie Sanders un avversario capace di mettere a repentaglio una candidatura che aveva ricevuto il sostegno del presidente uscente Obama e della quasi totalità del partito.

    Lo scontro e il confronto sono elementi insiti nel carattere di qualsiasi elezione primaria, tuttavia quella che ha visto sfidarsi la Clinton e Sanders è densa di implicazioni inedite nella tradizione politica statunitense che vale la pena comprendere (volendo estendere il nostro sguardo anche al campo repubblicano, possiamo ben affermare che queste elezioni presidenziali sono tra le più singolari degli ultimi anni).

    Prima di tutto Bernie Sanders si definisce un socialista democratico, fatto più unico che raro negli Stati Uniti che hanno conosciuto il maccartismo e hanno ancora viva la memoria della guerra fredda contro l’Unione Sovietica. Il fantasma del socialismo non pare tuttavia spaventare molti americani ormai: Sanders, che guarda a modelli come il New Deal di Roosevelt e le socialdemocrazie scandinave, ha fatto breccia soprattutto tra i giovani, le donne e le classi operaie bianche, ottenendo fino ad oggi quasi 13 milioni di voti, 4 milioni in meno rispetto a quelli della Clinton. Un risultato impensabile fino ad un anno fa, per un candidato socialista, senatore di uno stato che conta meno abitanti delle province di Pisa e Grosseto messe insieme, sconosciuto all’elettorato e che non può giocarsi in alcun modo la carta del “primo presidente…” su cui la propaganda democratica ha tanto insistito negli ultimi anni, da Obama, “primo presidente nero”, alla Clinton, “prima presidente donna”.

    L’inaspettata popolarità di Sanders ha costretto la Clinton, da sempre una liberal più o meno progressista a seconda dello spirito dei tempi, a spostare a sinistra i toni della propria campagna, contribuendo alla sempre più marcata polarizzazione di queste elezioni presidenziali.

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    Last Post by Alessandro Agnitti il 20 June 2016
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  5. Bye bye UK!
    Il Regno Unito lascia l’Unione Europea per trovare più autonomia e prosperità. Potrebbe presto scoprire di aver intrapreso la strada verso la propria disintegrazione.

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    Il verdetto è giunto: il Regno Unito lascerà l’Unione Europea, questa è stata la scelta del 52% dei britannici in un voto dalla portata storica e che influenzerà non solo il futuro della Gran Bretagna ma anche quello dell'UE. Le prospettive per l'Europa sono due ed opposte: sicuramente nel breve periodo il risultato del referendum darà forza agli euroscettici, che spingeranno affinché negli altri paesi europei si segua l’esempio del Regno Unito. Al tempo stesso, l’uscita della Gran Bretagna dall’UE potrebbe scuotere le leadership europee dal loro torpore e spingerle a trovare delle soluzioni concrete per far fronte alla disaffezione che sempre più cittadini hanno per il progetto europeo, disaffezione dovuta soprattutto alle invise politiche economiche e alla gestione dell'immigrazione e della questione dei migranti.

    Dall’altra parte della Manica intanto, la maggioranza dei britannici pensa sotto sotto ai vecchi fasti di quando la Gran Bretagna era il centro pulsante di un impero.

    “This is our Indipendence Day!” esulta il leader dell’Ukip Nigel Farage, principale promotore del leave. Attorno a lui giovani sostenitori agitano delle bandierine britanniche con euforia. C’è chi festeggia indossando l’Union Jack a mo’ di mantello.

    Tuttavia, proprio il simbolo dell’unità britannica per eccellenza potrebbe essere una delle cose che nei prossimi anni i britannici dovranno lasciarsi alle spalle assieme all’Unione Europea.

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    Last Post by Alessandro Agnitti il 24 June 2016
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