"rivista a-periodica" scritta e diretta da studenti universitari.

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  1. I nostri cari zombie
    Storia e simbologia di uno dei mostri più celebri dell'immaginario.

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    "Gli zombie siamo noi, arrivati al termine del ciclo della società di massa. Una moltitudine indistinta mossa da un solo impulso, quello di consumare la merce definitiva: l'umanità stessa."
    Giorgio Lavagna

    Se c'è un mostro che, nel corso della storia, è stato volgarizzato e abusato, è il lento, ottuso, affamato, grottesco zombie. Forse perché è anche quello che più si prestava ad essere divorato dalla cultura pop; se i suoi “cugini”, Dracula e la creatura di Frankenstein, sono nati da alcuni dei più importanti romanzi vittoriani, il povero zombie ha visto la luce nei più sgangherati drive-in degli Stati Uniti. Ma nell'arte mai niente è fatto per caso: e il papà degli undead, il regista statunitense George A. Romero, recentemente premiato al Lucca Film Festival, dando vita ai suoi non-morti, ha creato uno dei mostri più carichi di significato che la storia dell'immaginazione abbia conosciuto.

    Premessa: l'idea (così come la parola stessa) dello “zombie” ha origini molto più arcaiche ed esotiche di quanto si potrebbe immaginare, e per ritrovarle dobbiamo navigare fino a Haiti. Secondo gli abitanti dell'isola e il loro originale culto noto come voodoo (che unisce elementi del cristianesimo e dell'animismo africano, e che tutt'ora è religione di Stato della Repubblica di Haiti), uno stregone malvagio, o “bokor”, sarebbe in grado, grazie alla magia nera, di resuscitare i morti per renderli suoi servitori. Questo “mito” ha origine, come molti altri dello stesso genere, da una pratica reale, tipica nelle piantagioni dell'ex-colonia francese, dove a sventurate vittime veniva indotto, attraverso l'uso di droghe e stupefacenti, uno stato di morte apparente, per poi essere risvegliate in uno stato di demenza ed essere trasformate in schiavi.

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    Last Post by Giovanni Giannini il 8 May 2016
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  2. Ho sempre desiderato andare al cinema da sola
    Nella colorata e vitale cornice del Lucca Film Festival si inserisce anche il concorso dei cortometraggi sperimentali, a cui ho avuto occasione di assistere nel corso seconda giornata dedicata all’ev

    0 Comments   31 Views
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    Prima di tutto, meglio far chiarezza, o almeno provarci, sul significato di cortometraggio sperimentale .

    Posto che per cortometraggio si intende un film la cui durata complessiva non superi i 15-30 minuti e di indipendenza propria, ovvero non da considerarsi come “fratello minore” o “surrogato” del cinema espresso dai lungometraggi, a cosa dobbiamo l’attributo di sperimentale ? Wikipedia non ci aiuta, una definizione precisa non esiste.

    La caratteristica sperimentale si trova a metà fra esperienza e esperimento. Primo, l’esperienza dell’autore: il cinema sperimentale è spesso associato all’autoproduzione e al principiare di una carriera artistica; secondo, l’esperienza trasmessa allo spettatore tramite un uso espressivo dei linguaggi cine-audio-visivi, la creazione di opere suggestive, che esplorano diverse atmosfere, spazio e tempo, realtà e immaginazione, opere estreme, senza limiti di tipo logico o narrativo. L’esperimento riguarda invece il prodotto finale, o meglio, il percorso per arrivare al prodotto finale, lo studio e l’attenzione dedicati all’immagine, addirittura manipolandola (direttamente sul campo o in post produzione), la stretta relazione che spesso intercorre con altre discipline quali musica, pittura, illustrazione.

    Nell’approccio al cinema sperimentale, un consiglio: siate pronti a tutto, a rimanere a bocca aperta come a non capire nulla.

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    Last Post by elenamodena il 25 May 2016
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  3. Eichmann o l'inconsistenza del male
    L’agghiacciante normalità del male ci ricorda che non è lontano da noi. E che forse non ha spessore.

    Il 31 maggio del 1962, Adolf Eichmann venne impiccato. Il coordinatore della “soluzione finale” del Terzo Reich scontava la pena decisa dopo il processo in Israele. Eichmann non era un personaggio importante nelle decisioni politiche della Germania Nazista, non aveva ruoli di spicco e mai aveva superato il grado di Tenente colonnello . Tuttavia si era impegnato perché il genocidio degli Ebrei avvenisse nella maniera più efficiente. Si è sempre sottolineata la sua normalità, il suo essere come gli altri, non un pazzo, non un “malvagio” in senso tradizionale. La sua linea di difesa era quella del semplice burocrate che aveva svolto il suo lavoro. Dimostrazione vivente di come la follia o le “motivazioni cattive” non siano il giusto modo di descrivere un operato simile. Significherebbe infatti confinare il nazionalsocialismo in un angolo oscuro della storia, eliminarlo come un corpo estraneo. Dimenticare la suggestiva immagine di Cuore di tenebra: l’uomo che, volendo rischiarare il buio con la propria luce, non scopre che un’oscurità ancor più nera. Perché il cuore di tenebra non è altro da noi, ma è in noi.

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    Last Post by Marco Ridolfi il 31 May 2016
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