"Gli zombie siamo noi, arrivati al termine del ciclo della società di massa. Una moltitudine indistinta mossa da un solo impulso, quello di consumare la merce definitiva: l'umanità stessa."Giorgio Lavagna
Se c'è un mostro che, nel corso della storia, è stato volgarizzato e abusato, è il lento, ottuso, affamato, grottesco zombie. Forse perché è anche quello che più si prestava ad essere divorato dalla cultura pop; se i suoi “cugini”, Dracula e la creatura di Frankenstein, sono nati da alcuni dei più importanti romanzi vittoriani, il povero
zombie ha visto la luce nei più sgangherati
drive-in degli Stati Uniti. Ma nell'arte mai niente è fatto per caso: e il papà degli undead, il regista statunitense
George A. Romero, recentemente premiato al Lucca Film Festival, dando vita ai suoi non-morti, ha creato uno dei mostri più carichi di significato che la storia dell'immaginazione abbia conosciuto.
Premessa: l'idea (così come la parola stessa) dello “zombie” ha origini molto più arcaiche ed esotiche di quanto si potrebbe immaginare, e per ritrovarle dobbiamo navigare fino a Haiti. Secondo gli abitanti dell'isola e il loro originale culto noto come
voodoo (che unisce elementi del cristianesimo e dell'animismo africano, e che tutt'ora è religione di Stato della Repubblica di Haiti), uno stregone malvagio, o “
bokor”, sarebbe in grado, grazie alla magia nera, di resuscitare i morti per renderli suoi servitori. Questo “mito” ha origine, come molti altri dello stesso genere, da una pratica reale, tipica nelle piantagioni dell'ex-colonia francese, dove a sventurate vittime veniva indotto, attraverso l'uso di droghe e stupefacenti, uno stato di morte apparente, per poi essere risvegliate in uno stato di demenza ed essere trasformate in schiavi.
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