"rivista a-periodica" scritta e diretta da studenti universitari.

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Terrorismo in sigle
di Rachele Pellegrini

Al-Qaeda, Daesh, Aqi, Isi, Isis, Isil, e Is. Una realtà monolitica o eterogenea? Che differenza c'è?

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Il test di medicina non l'ho capito
di Marco Ridolfi

quello che manca al numero chiuso per poterlo accettare

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L’OTTICA FILOSOFICA
Arte; reale finzione
o finzione reale?


Risposta alla denuncia di Platone

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RITRATTI
Semplicemente
"Il Boss"

Springsteen: il perdente fortunato
che ha conquistato l'America e il mondo

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PER ABITARE LE PAROLE
Noi estranei a noi stessi
"L'étranger" di Albert Camus
e la distanza dall'uomo moderno

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L’OTTICA FILOSOFICA
Fra Tarantino e Seneca
La coreografia della truculenza

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  1. One Nation Under God
    Tra padri fondatori e nuova terra promessa: quando la religione viene messa al servizio della politica.

    Un concetto chiave dell'illuminismo (e della massoneria) , spesso non sufficientemente ricordato nei libri di storia e di filosofia, consiste nella convinzione dei philosophes che uno Stato non possa sopravvivere senza una religione che unifichi i cittadini sotto un'unica credenza contribuendo a forgiarne la moralità; concetto che Rousseau, nel suo Contratto sociale, si preoccupa costantemente di ricordare, arrivando a condannare l'ateismo come un delitto di altro tradimento contro il popolo. Nella concezione di questi intellettuali non si trattava di identificare una delle chiese storiche come una religione di stato, ma di educare i cittadini al rispetto di quell'“Essere Supremo”, Architetto Divino, che guida le sorti dell'umanità verso un perpetuo progresso attraverso la sua onnipotente provvidenza.

    I padri fondatori degli Stati Uniti d'America, formatisi attraverso il pensiero illuminista nato in Francia, e quasi tutti facenti parte della massoneria, avevano ben chiari questi principi, e non mancarono di realizzarli nella creazione della nuova repubblica. Per religione civile americana (per come la descrive, tra gli altri, lo storico italiano Emilio Gentile) si intende l'insieme di riti, simboli e parole d'ordine che, nel corso della storia degli USA, ha contribuito a creare, nell'immaginario comune statunitense, un vero e proprio “culto della nazione”, della sua storia e delle sue idee fondanti, che non va a sostituirsi a nessuna delle religioni storiche, ma anzi si integra con esse: basti pensare che il giuramento di un neoeletto presidente viene pronunciato sulla Bibbia, e che in quasi tutte le chiese di tutte le confessioni cristiane è sempre presente, accanto al Crocifisso, la stars-and-stripes.

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    Last Post by Giovanni Giannini il 27 July 2016
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  2. Agli Stati Uniti serve un Oki (se non un antibiotico)
    Ingerenze degli oligarchi, centralità dei lobbisti e strapotere delle grandi famiglie: la politica statunitense sempre più oligarchica e meno democratica. Un potenziale pericolo per tutto il sistema.

    Gli Stati Uniti hanno sempre avuto un rapporto complicato con il concetto di democrazia. Tradizionalmente considerato il paese democratico per eccellenza, in realtà ne è endemicamente refrattario. Ai padri fondatori la parola suonava così male che non la inserirono nemmeno nella Costituzione. Troppo vicina all’idea di una dittatura popolare per trovare spazio nelle istituzioni della neonata repubblica. Le volatili decisioni di una maggioranza incolta erano infatti temute quanto l’assolutismo di un monarca. La ricetta statunitense prevedeva invece una forte idea elitista: coloro che si occupavano di politica dovevano essere pochissimi illuminati, a distanza di sicurezza dal popolo e dalle sue pericolose decisioni. Da qui la centralità del Congresso ed il limitato potere del Presidente, aggrovigliato in una intricata matassa di veti e bilanciamenti che evitano la tirannia. Oggi tuttavia si palesano i pericoli della gestione di una ristretta élite. I framers non videro che dietro la loro costruzione poteva celarsi il germe del suo stesso dissolvimento.

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    Last Post by Marco Ridolfi il 26 July 2016
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  3. TTIP per chi ancora non mi conoscesse
    America e Europa per la "Transatlantic Trade and Investment Partnership"

    Nel giugno 2013, il presidente degli Stati Uniti d’America Obama, il presidente del Consiglio Europeo Van Rompuy e il presidente della Commissione Europea Barroso, annunciavano che Stati Uniti e Unione Europea avrebbero lavorato ad una serie di possibili negoziati riguardanti il commercio oltreoceano e alla proposta di una ridefinizione dell’impresa collettiva di investimenti tra le due potenze coinvolte. Di questi ed altri progetti negli ultimi mesi abbiamo sentito parlare sotto il nome di TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership), soprattutto a causa delle voci contrarie e perplesse alzatesi da molte piazze europee.

    Il TTIP, per chi ancora non lo conoscesse, intende essere un ambizioso e vasto accordo commerciale tra gli Stati Uniti e la nostra Unione, che espanda in modo significativo le relazioni di scambio e investimento già esistenti, incrementi la crescita economica, offra nuovi posti di lavoro e porti a livelli ancora più alti la competitività internazionale. Così ad oggi la trattiva, se venisse firmata da ognuno dei paesi che aderiscono all'Unione Europea, sarebbe pronta per essere conclusa dalla Commissione in accordo con gli Stati Uniti e ratificata successivamente da ognuno degli stati membri.

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    Last Post by Rachele Pellegrini il 20 July 2016
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  4. American Way of Study
    Prospettiva sui college statunitensi: tra élite e politica

    Il mondo è governato da circa trecento famiglie i cui membri si conoscono più o meno tutti fra di loro.
    Walther Rathenau

    L'archetipo dei college statunitensi è ormai entrato nel nostro immaginario comune, pur essendo un modello così diverso dalle università europee. Film divenuti ormai di culto, dallo storico Animal House al demenziale American Pie, danno anche a noi un'immagine più o meno distorta di questa istituzione educativa che ha accompagnato la nazione a stelle e strisce sin dalla sua fondazione. Ma dietro confraternite, gare di sbronza e folli quanto divertenti riti d'iniziazione si nasconde una realtà ben più seria e importante, che merita di essere approfondita.

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    Last Post by Giovanni Giannini il 12 July 2016
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  5. Costituzione USA
    Tra Illuminismo e Classicismo

    Parlando di Costituzione degli Stati Uniti di America sorge spontaneo pensare ai numerosi dibattiti che da sempre vi gravitano sopra. Gran parte degli americani lo vede quasi come un documento di origini divine ed ormai si fa fatica a tenere il conto delle discussioni insorte ogni volta che si è prospettata l'esigenza di porvi dei cambiamenti. Di fatto, in tutto il mondo, è la costituzione più antica ancora in vigore e come mostrano i costani sondaggi, a livello popolare il consenso che riscuote mantiene vette considerabilissime. Potremmo interrogarci a lungo su quale sia il segreto di questa longevità e sicuramente l'approccio fondamentale, per capire la costituzione, non può essere che quello di sondare il retroterra filosofico-culturale in cui si contestualizza.

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    Last Post by Tommaso Ghezzani il 6 July 2016
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  6. Can I ?
    Breve resoconto dopo otto anni di presidenza Obama

    C’è qualcosa di meraviglioso e raccapricciante nell’epoca contemporanea, ci sono infinite possibilità, eppure si preferisce rimanere immobili: si ha paura del cambiamento ed il terrore della stabilità. La condizione postmoderna, così contraddittoria e sottile invade l’uomo nella sua interezza, nella sfera personale, relazionale e sociale, si riflette nella società, nella storia, nelle istituzioni. L’assetto politico mondiale è fra i più variegati mai visti, se ne vedono di tutti i colori fra estremismi, rivoluzioni dal basso, immobilismi, crisi economico-politiche. Barack Obama è l’ uomo chiave dei nostri tempi: si è confrontato con tutte le più svariate dinamiche internazionali della postmodernità, distinguendosi notevolmente dalle tipiche linee politiche statunitensi.

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    Last Post by Giulia Bernacchi il 1 July 2016
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  7. Feel the Bern: come Sanders può cambiare il voto in America
    La candidatura di Hillary Clinton è ormai certa. Mai prima d’ora i democratici sono tuttavia usciti così divisi dalle primarie. Riuscirà Bernie Sanders a dare seguito ai successi riportati?

    Dopo mesi di accesi dibattiti e scambi d’accuse, il Partito Democratico pare aver trovato il proprio candidato: Hillary Clinton ha ottenuto l’ultima (scontata) vittoria nel cuore dell’establishment statunitense, Washington DC, non prima di aver raggiunto la quota 2.383 delegati necessari all’investitura ufficiale che si avrà con la convention democratica di luglio. Una nomination che alcuni mesi pareva certa, ma che ha trovato nel senatore del Vermont Bernie Sanders un avversario capace di mettere a repentaglio una candidatura che aveva ricevuto il sostegno del presidente uscente Obama e della quasi totalità del partito.

    Lo scontro e il confronto sono elementi insiti nel carattere di qualsiasi elezione primaria, tuttavia quella che ha visto sfidarsi la Clinton e Sanders è densa di implicazioni inedite nella tradizione politica statunitense che vale la pena comprendere (volendo estendere il nostro sguardo anche al campo repubblicano, possiamo ben affermare che queste elezioni presidenziali sono tra le più singolari degli ultimi anni).

    Prima di tutto Bernie Sanders si definisce un socialista democratico, fatto più unico che raro negli Stati Uniti che hanno conosciuto il maccartismo e hanno ancora viva la memoria della guerra fredda contro l’Unione Sovietica. Il fantasma del socialismo non pare tuttavia spaventare molti americani ormai: Sanders, che guarda a modelli come il New Deal di Roosevelt e le socialdemocrazie scandinave, ha fatto breccia soprattutto tra i giovani, le donne e le classi operaie bianche, ottenendo fino ad oggi quasi 13 milioni di voti, 4 milioni in meno rispetto a quelli della Clinton. Un risultato impensabile fino ad un anno fa, per un candidato socialista, senatore di uno stato che conta meno abitanti delle province di Pisa e Grosseto messe insieme, sconosciuto all’elettorato e che non può giocarsi in alcun modo la carta del “primo presidente…” su cui la propaganda democratica ha tanto insistito negli ultimi anni, da Obama, “primo presidente nero”, alla Clinton, “prima presidente donna”.

    L’inaspettata popolarità di Sanders ha costretto la Clinton, da sempre una liberal più o meno progressista a seconda dello spirito dei tempi, a spostare a sinistra i toni della propria campagna, contribuendo alla sempre più marcata polarizzazione di queste elezioni presidenziali.

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    Last Post by Alessandro Agnitti il 20 June 2016
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  8. Fake America Great Again
    Cos'è che ha spinto così tanti statunitensi a votare per Donald Trump? Egli rappresenta veramente il sogno repubblicano? Può The Donald diventare Presidente degli Stati Uniti?

    È passato esattamente un anno dal 16 giugno 2015, giorno in cui Donald Trump annunciò la sua candidatura alle primarie repubblicane. Allora quell’annunciò scatenò la gioia di comici e vignettisti, che avevano finalmente trovato il loro bersaglio. Uno dei primi sondaggi, realizzato da Real Clear Politics, assegnò a Trump il favore del 3,6 % degli elettori repubblicani. I vertici del GOP (Partito Repubblicano americano) vedevano di cattivo occhio la sua candidatura.

    Oggi The Donald non solo è il candidato repubblicano alla presidenza degli Stati Uniti, ma, con oltre 13 milioni di elettori, è il candidato che ottenuto più voti alle primarie nella storia del partito repubblicano. Che cos’è che ha spinto così tanti statunitensi, la maggior parte dei quali non vedevano di buon occhio la sua candidatura, a votare per lui? La sua dirompente “spontaneità”? la sua totale assenza di politically correct? Il suo programma radicale e rivoluzionario? Oppure il fatto che si sia, sin dall’inizio, presentato come candidato anti-establishment?

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    Last Post by Alessandro Marchetti il 16 June 2016
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  9. Stati Uniti: Istruzioni per l'uso
    Una panoramica sulle istituzioni statunitensi, la loro storia e il loro funzionamento

    “We hold these truths to be self-evident, that all men are created equal, that they are endowed by their Creator with certain unalienable Rights, that among these are Life, Liberty and the pursuit of Happiness
    The second paragraph of the United States Declaration of Independence

    Dopo la guerra fredda, l’equilibrio mondiale sembra un miraggio fanta-politico; l’idea di democrazia risulta provata; i sistemi istituzionali che cercano di realizzarla appaiono sempre più fragili. Si discute di Unione Europea; ci si divide sul suo futuro; ci si spacca fra chi sostiene un rafforzamento delle istituzioni comuni e chi delle autorità governative nazionali. In questo senso, le elezioni presidenziali Austriache risultano esemplari e il referendum britannico sarà l’evento che chiamerà direttamente dei cittadini a esprimersi sulla questione.

    Gli Stati Uniti, dal canto loro, fanno sentire ancora la propria influenza. Oggi meritano una particolare attenzione, non solo per le imminenti elezioni presidenziali ma anche per il suo funzionamento, il suo assetto istituzionale e le sue dinamiche interne. In un momento di crisi come questo, quindi, riflettere su quella che sembra una delle democrazie più solide del pianeta non pare fine a sé stesso.

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    Last Post by elenamodena il 8 June 2016
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