1. Dialogo tra un Monatto e un Appestato
    Ossia Ebola ai tempi della Peste

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    By Tommaso Ghezzani il 23 April 2016
     
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    Nasciamo soli, viviamo soli, moriamo soli
    Orson Welles


    Si racconta in diverse cronache italiane del 1630, l'assidua attenzione con cui i medici istruivano i propri studenti (sotto ordine statale) riguardo alla cura e alla prevenzione della peste, ormai dilagante. Risale a questo periodo il curioso episodio di un borgo imprecisato, dove un filosofo, improvvisatosi medico, non fornì ai propri studenti dispense atte ad istruirli sulla cura della malattia. Il luminare preferì infatti consegnare un dialogo che egli stesso aveva trascritto, assistendo ad un colloquio fra un monatto ed un povero appestato morente. La voce giunse alle autorità locali che, indignate dalla negligenza di questo apprendistato, fecero incarcerare il dotto, condannato a morte poco dopo, per aver leso gravemente alla formazione dei suoi allievi, compromettendone l'efficienza. Riportiamo adesso proprio quel dialogo che abbiamo ritrovato come allegato al processo di condanna:


    Monatto: Buon pro vi faccia, amico mio. Come state?

    Appestato: Chi mi parla? Avvicinatevi, la vista è un privilegio che il mio stato non concede... siete forse un'ombra dell'altro mondo? Uno spettro? Un satanasso? Venite per accompagnarmi alla partenza che non ha ritorno?

    Monatto: Troppo onore, troppo! Non sono un messo di Lucifero, buon amico. Il viaggio che vi offro (seppur senza ritorno) non conduce verso l'Acheronte ma oltre queste mura. Sono inviato dall'amorevole governatore; egli è assai accorato per la vostra situazione. Ma... non parlate? Suvvia, ditemi come vi sentite.

    Appestato: La testa e il petto avvampano, il respiro è fioco ed il semplice discorrere mi spreme dalla gola tanto sangue che ci potrei affogare.

    Monatto: Benedetto sia quel sangue! Benedetto sia quel fuoco! Benedetti i sofferenti, sempre cari al buon Iddio! Davvero non capite la bontà dei vostri occhi rossi? Della pelle coriacea? Del ventre gonfio? Non vedete tutta la vita che trae origine dalla vostra putrefazione? E' per ognuno di voi che lavoriamo, per ognuno di voi medici e speziali si adoperano, per ognuno di voi quando cala la sera accompagno del buon vino col tabacco! Ma ditemi, amico, perchè qui solo? Non avete parenti o compari?

    Appestato: Se volete sapere della mia famiglia, conoscerete di più chiedendo ai vostri colleghi; è un mese ormai che li prelevarono. se volete sapere dei compari o dei miei compagni non incomodatevi. Il grido silente della malattia ha mosso in loro tanta pietà che per non piangere tutte le lacrime del corpo (tanta è la commozione suscitata dal mio stato), hanno preferito occupare la mia casa e lasciarmi nell'amorevole abbraccio della Provvidenza, lontano da tutti, sotto questi portici. Non c'è notte che passi senza svegliarmi, scosso da incubi e tremori tremendi; tutto si riempie di spettri, io tento di difendermi gridando ma non ho voce. Questo supplizio, questo dolore, mi lacera, mi strugge... perdonate il pianto, esso è il solo linguaggio di cui dispone il mio male.

    Monatto: Su, su, compare! Tempo verrà per tutti in cui torneremo dalla fanghiglia da cui siamo usciti. Un giorno toccherà a me ma oggi tocca a voi, rallegratevi e non opponetevi. Un sonno dispensatore di pace sta venendo per porre rimedio al vostro dolore. Non ci saranno piaghe tanto profonde o sangue tanto imputridito che potranno recarvi alcun male; rallegratevi!


    Appestato: Voi dunque non capite? Avete forse sentito lamentarmi delle mie piaghe o del mio sangue? No, non è questo corpo purrulento a tormentarmi; le ferite, causa di tanto male, sono ben più profonde... una mano amica, un volto affettuoso, del calore familiare; ecco gli unici balsami che il mio male richiede ed ecco ciò che mi è negato. I sussulti che sento nel petto, i fantasmi che mi tolgono il sonno, trovano libera via tramite la solitudine che mi accompagna. Davvero non ve ne accorgete? Non vi rendente conto che state conversando con un morto? Io sono già defunto, signor monatto; attendo solo che la seconda morte mi liberi da queste catene marcescenti.

    Monatto: Il diavolo mi pigli! Perdonatemi se non mi sono tolto il cappello al vostro cospetto, mio signore! Siete forse un conte? Un marchese? Un principe? Voi che pretendete una morte compianta, un letto circondato da una folla piangente; quale autorità vi permette di rivendicare tutto ciò? Con rispetto parlando, mi sembrate uno straccione ed anche prima della peste le vostre finanze probabilmente non eccedevano; perchè altrimenti stareste parlando con me? Ascoltatemi, buon amico, queste belle speranze cozzano con il vostro stesso stato. Un talamo accogliente, valanghe di parenti commossi, preti imporporati che benedicono l'ultimo istante; sono tutte esclusive di ricchi, nobili e sovrani. Non rispondete? Così è; anche la morte, che accomuna il destino di tutti noi, arriva più lieta a coloro che dispongono di fama e ricchezza. Che cortei, che parate, che processioni, che onori quando muore un re! Tutto il reame si unisce all'unisono in un pianto per il lutto comune. Ma noi, effimera feccia del genere umano, disprezzati e ignorati in vita, lo siamo anche da morti. Voi stesso non ne siete forse la prova? Quando nasceste la buona sorte vi mostrò le spalle, lasciandovi solo ed ora che vi avviate a tirare le cuoia siete sempre solo! Nemmeno un pescivendolo chiuderà la bottega per il vostro lutto, nemmeno un viandante si fermerà lungo il sentiero pensando a voi, nemmeno una lacrima scorrerà sul vostro feretro. Questo è il destino di noi, vili masse, caro amico, questo è quanto il Cielo concede a coloro che egli stesso ha privato di fama e sostanze.

    Appestato: Quanta ingenuità, quanta ignoranza nelle vostre parole. Siete voi dunque tanto inesperto e di ricchezza e di povertà?

    Monatto: Ma cosa dite? E' la febbre che parla in voi, mio sventurato amico!

    Appestato: Non prestate attenzione a chi stia parlando; sia la febbre o una demenza indotta, io stesso lo ignoro. Ascoltatemi tuttavia; voi conoscete molto poco il reale andamento del mondo. Credete davvero che ad allietare la morte basti una fredda pecunia? No davvero, signor monatto. Non ero ancora in questo stato quando vidi un vecchio mendicante chiudere gli occhi sotto quella colonna. Non ho mai visto un corteo funebre più addolorato, più intimo, più vero. Tutti i cenciosi, giovani e vecchi, lo conoscevano per la bontà che ardeva nel suo animo e non lo lasciarono spegnere indegnamente. Chi con un tessuto logoro, chi con uno straccio consunto, gli scaldarono gli ultimi istanti. Questa è la virtù di chi non possiede nulla; dona tutto. Chi potrebbe augurarsi una morte migliore di questa? Quello stesso principe che spirò tre mesi fa non avrebbe dato forse tutte le sue fortune per il calore di quegli infimi panni?

    Monatto: Il Principe di *** ?

    Appestato: Proprio lui. Cacciò dal suo palazzo ogni servo, ogni domestico e perfino ogni parente (tanta era la paura che qualcuno potesse privarlo delle sue ricchezze). Stanco, infermo e solo, chi aveva, il pover'uomo, allora che le ampie volte, adornate di arazzi, risuonavano dei suoi lamenti? Cosa lo scaldava durante la discesa nell'avello di freddo marmo? Morire felici non è un privilegio di pochi né un diritto di tutti ma la ricompensa di chi ha saputo dispensare alle persone meritevoli il proprio affetto, durante la vita.



    Monatto: Mio buon amico... lungi da me contraddire un moribondo ma ditemi; in tutto questo sapete a chi rivolgere le vostre imprecazioni? Sapete chi maledire prima di addormentarvi? Lo Stato si muove per acciuffare gli untori, i preti bruciano incenso e confessano anime per placare l'ira divina, vi è poi chi riconosce in questa pestilenza una congiura ordita dal regno di Spagna, a cui la moltitudine italiana è troppo molesta. Voi non vi interrogate sulle cause della vostra condizione? Non levate bestemmie al Cielo e alla Terra ?

    Appestato: A cosa giova ormai sprecare fatica? L'epidemia dilaga, chi si salverebbe scoprendo la sua provenienza? Poco importa se sia da imputare ad una punizione divina, allo sfogo degli untori o ad una fantasiosa congiura delle alte sfere... ehm, ehm...

    Monatto: Ma voi tossite sangue, buon amico, calmatevi e riprendete fiato. Ahimè che male tremendo! Guardate la vostra pelle; noi siamo ben istruiti sui sintomi della malattia ma soprattutto sui suoi effetti... effetti tremendi! Pelle escoriata, inacidimento dello stomaco, febbre cerebrale... voi che la state vivendo, immagino possiate descrivere effetti altrettanto terribili.

    Appestato: Finalmente concordo con voi, monatto. Questo morbo porta con sé effetti disumani... mi chiedete quali? Non li vedete? Non osservate come le persone si spoglino di ogni decenza? Non osservate la frenesia e la malvagità a cui la paura conduce tutti? Non osservate quelli che prima erano uomini, trasformarsi in belve feroci? Ogni legame di parentela è reciso, i lacci della coscienza sono sciolti; non vi è nodo di amicizia o altruismo tanto saldo che possa resistere dinnanzi alla vile bestialità dell'egoismo. Non vi è ragione, non vi è pietà; ognuno ricerca la cieca sopravvivenza, ognuno si abbandona ad una primordialità senza freni. C'è chi, persa la speranza di sopravviere, per soddisfare dissoluti piaceri, si abbandona ad atti raccapriccianti e cerca profitto dalle disgrazie altrui. C'è chi invece, invasato dalla smania di sopravvivenza, si scaglia impietosamente contro i malati, siano estranei, amici o figli. Le vittime della peste si mischiano a quelle degli uomini e non saprei dire chi miete con più foga. Non vi basta? Guardate le strade; là in quella piazza eccheggiava il fragore del mercato, sotto questi portici risuonavano le risate dei pargoli, dall'orchestra di quel teatro si ergevano le note del canto di Orfeo, che risaliva alla vita impugnando la lira. Ora tutto è silenzio, tutto è morte. I pochi superstiti stanno rintanati come una serpe che si prepara ad azzannare una preda... la serpe che abbandonata a se stessa, sola conduce la sua esistenza e sola la terminerà. Ma rispondetemi, signor monatto; questi che descrivo sono davvero gli squallidi effetti della peste? E' la peste che provoca questo oppure essa non fa altro che svelare la vera natura di ognuno?

    Monatto: Voi polemizzate ma non sapete quello che dite! Criticate l'egoismo, lo spirito di sopravvivenza che anima ogni uomo ma cosa rimarrebbe della razza umana senza tutto questo? E' quello spirito ancestrale e primordiale da voi criticato che impedisce alla peste di estinguerci!

    Appestato: Salvaguardare la razza e solo salvaguardare la razza... è con questo pretesto che vengono legittimate le azioni ignobili che così mi hanno ridotto, complice lo Stato. Ma ditemi, monatto, con quali occhi i sopravvissuti osserveranno la desolazione da loro lasciata per salvarsi?
    Se questo è il prezzo, se l'uomo deve abbassarsi a tanta lordura, vale davvero la pena salvare la razza? Ehm, ehm...

    Monatto: Maccome, non parli più? Più non ribatti? Per quanto spedita fosse, anche la tua lingua, disgraziato, è dovuta soccombere al peso della morte. Oibò, mi auguro col cuore che le altre carcasse non abbiano in corpo tanto fiato represso come questo! Il Sole sta già calando ed è solo il secondo che raccatto... se voglio aggiudicarmi la giornata devo arrivare almeno a cinque o gli Infami non mi pagheranno il prezzo pattuito!

    Tommaso Ghezzani 02\11\2014
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