"rivista a-periodica" scritta e diretta da studenti universitari.

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Terrorismo in sigle
di Rachele Pellegrini

Al-Qaeda, Daesh, Aqi, Isi, Isis, Isil, e Is. Una realtà monolitica o eterogenea? Che differenza c'è?

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Il test di medicina non l'ho capito
di Marco Ridolfi

quello che manca al numero chiuso per poterlo accettare

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L’OTTICA FILOSOFICA
Arte; reale finzione
o finzione reale?


Risposta alla denuncia di Platone

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RITRATTI
Semplicemente
"Il Boss"

Springsteen: il perdente fortunato
che ha conquistato l'America e il mondo

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PER ABITARE LE PAROLE
Noi estranei a noi stessi
"L'étranger" di Albert Camus
e la distanza dall'uomo moderno

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L’OTTICA FILOSOFICA
Fra Tarantino e Seneca
La coreografia della truculenza

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  1. Costituzione USA
    Tra Illuminismo e Classicismo

    Parlando di Costituzione degli Stati Uniti di America sorge spontaneo pensare ai numerosi dibattiti che da sempre vi gravitano sopra. Gran parte degli americani lo vede quasi come un documento di origini divine ed ormai si fa fatica a tenere il conto delle discussioni insorte ogni volta che si è prospettata l'esigenza di porvi dei cambiamenti. Di fatto, in tutto il mondo, è la costituzione più antica ancora in vigore e come mostrano i costani sondaggi, a livello popolare il consenso che riscuote mantiene vette considerabilissime. Potremmo interrogarci a lungo su quale sia il segreto di questa longevità e sicuramente l'approccio fondamentale, per capire la costituzione, non può essere che quello di sondare il retroterra filosofico-culturale in cui si contestualizza.

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    Last Post by Tommaso Ghezzani il 6 July 2016
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  2. Il Regno (dis)Unito tra Brexit e Bremain
    Un'analisi del risultato del referendum sulla Brexit del 23 giugno: le contraddizioni del Regno Unito

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    «Ho votato "Leave" e non so davvero cosa ho fatto, sono sotto shock, adesso mi sento in colpa. Non credevo il mio voto contribuisse a questo cambiamento.», dichiara un cittadino britannico di fronte alla telecamera di un giornalista, affermazione che ci consente di svelare un aspetto agghiacciante di questo referendum. E' stato il Washington Post a riportare una notizia alquanto preoccupante: il motore di ricerca Google ha riferito che la domanda maggiormente posta a poche ore dal termine delle votazioni è stata: "Cosa succede se il Regno Unito lascia l'Ue?" , seguita da "Cosa è l'Unione europea?" Inconsapevolezza e disinformazione si celano dietro ai risultati di queste votazioni, perché se è vero che la campagna per la Brexit è stata una tra le più contrastanti di sempre, è anche vero che resta dovere fondamentale del cittadino impegnarsi in prima persona per avere un'informazione corretta spingendosi oltre il muro creato dalla confusione mediatica. Si è trattato, infatti, di una campagna volta ad abbindolare i votanti inglesi: è sufficiente pensare ai famigerati 350 milioni di sterline di cui ha parlato Nigel Farage, leader dello Ukip, versati ogni settimana nelle casse comunitarie che, nel caso di uscita dall'Ue, sarebbero stati investiti nella sanità inglese, o alle false ed ingigantite quote di immigrati presenti sul territorio nazionale. Bella figura quella fatta dai britannici, è il caso di dire #thanksmrGoogle.

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    Last Post by Lavinia Peluso il 3 July 2016
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  3. Can I ?
    Breve resoconto dopo otto anni di presidenza Obama

    C’è qualcosa di meraviglioso e raccapricciante nell’epoca contemporanea, ci sono infinite possibilità, eppure si preferisce rimanere immobili: si ha paura del cambiamento ed il terrore della stabilità. La condizione postmoderna, così contraddittoria e sottile invade l’uomo nella sua interezza, nella sfera personale, relazionale e sociale, si riflette nella società, nella storia, nelle istituzioni. L’assetto politico mondiale è fra i più variegati mai visti, se ne vedono di tutti i colori fra estremismi, rivoluzioni dal basso, immobilismi, crisi economico-politiche. Barack Obama è l’ uomo chiave dei nostri tempi: si è confrontato con tutte le più svariate dinamiche internazionali della postmodernità, distinguendosi notevolmente dalle tipiche linee politiche statunitensi.

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    Last Post by Giulia Bernacchi il 1 July 2016
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  4. Bye bye UK!
    Il Regno Unito lascia l’Unione Europea per trovare più autonomia e prosperità. Potrebbe presto scoprire di aver intrapreso la strada verso la propria disintegrazione.

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    Il verdetto è giunto: il Regno Unito lascerà l’Unione Europea, questa è stata la scelta del 52% dei britannici in un voto dalla portata storica e che influenzerà non solo il futuro della Gran Bretagna ma anche quello dell'UE. Le prospettive per l'Europa sono due ed opposte: sicuramente nel breve periodo il risultato del referendum darà forza agli euroscettici, che spingeranno affinché negli altri paesi europei si segua l’esempio del Regno Unito. Al tempo stesso, l’uscita della Gran Bretagna dall’UE potrebbe scuotere le leadership europee dal loro torpore e spingerle a trovare delle soluzioni concrete per far fronte alla disaffezione che sempre più cittadini hanno per il progetto europeo, disaffezione dovuta soprattutto alle invise politiche economiche e alla gestione dell'immigrazione e della questione dei migranti.

    Dall’altra parte della Manica intanto, la maggioranza dei britannici pensa sotto sotto ai vecchi fasti di quando la Gran Bretagna era il centro pulsante di un impero.

    “This is our Indipendence Day!” esulta il leader dell’Ukip Nigel Farage, principale promotore del leave. Attorno a lui giovani sostenitori agitano delle bandierine britanniche con euforia. C’è chi festeggia indossando l’Union Jack a mo’ di mantello.

    Tuttavia, proprio il simbolo dell’unità britannica per eccellenza potrebbe essere una delle cose che nei prossimi anni i britannici dovranno lasciarsi alle spalle assieme all’Unione Europea.

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    Last Post by Alessandro Agnitti il 24 June 2016
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  5. Feel the Bern: come Sanders può cambiare il voto in America
    La candidatura di Hillary Clinton è ormai certa. Mai prima d’ora i democratici sono tuttavia usciti così divisi dalle primarie. Riuscirà Bernie Sanders a dare seguito ai successi riportati?

    Dopo mesi di accesi dibattiti e scambi d’accuse, il Partito Democratico pare aver trovato il proprio candidato: Hillary Clinton ha ottenuto l’ultima (scontata) vittoria nel cuore dell’establishment statunitense, Washington DC, non prima di aver raggiunto la quota 2.383 delegati necessari all’investitura ufficiale che si avrà con la convention democratica di luglio. Una nomination che alcuni mesi pareva certa, ma che ha trovato nel senatore del Vermont Bernie Sanders un avversario capace di mettere a repentaglio una candidatura che aveva ricevuto il sostegno del presidente uscente Obama e della quasi totalità del partito.

    Lo scontro e il confronto sono elementi insiti nel carattere di qualsiasi elezione primaria, tuttavia quella che ha visto sfidarsi la Clinton e Sanders è densa di implicazioni inedite nella tradizione politica statunitense che vale la pena comprendere (volendo estendere il nostro sguardo anche al campo repubblicano, possiamo ben affermare che queste elezioni presidenziali sono tra le più singolari degli ultimi anni).

    Prima di tutto Bernie Sanders si definisce un socialista democratico, fatto più unico che raro negli Stati Uniti che hanno conosciuto il maccartismo e hanno ancora viva la memoria della guerra fredda contro l’Unione Sovietica. Il fantasma del socialismo non pare tuttavia spaventare molti americani ormai: Sanders, che guarda a modelli come il New Deal di Roosevelt e le socialdemocrazie scandinave, ha fatto breccia soprattutto tra i giovani, le donne e le classi operaie bianche, ottenendo fino ad oggi quasi 13 milioni di voti, 4 milioni in meno rispetto a quelli della Clinton. Un risultato impensabile fino ad un anno fa, per un candidato socialista, senatore di uno stato che conta meno abitanti delle province di Pisa e Grosseto messe insieme, sconosciuto all’elettorato e che non può giocarsi in alcun modo la carta del “primo presidente…” su cui la propaganda democratica ha tanto insistito negli ultimi anni, da Obama, “primo presidente nero”, alla Clinton, “prima presidente donna”.

    L’inaspettata popolarità di Sanders ha costretto la Clinton, da sempre una liberal più o meno progressista a seconda dello spirito dei tempi, a spostare a sinistra i toni della propria campagna, contribuendo alla sempre più marcata polarizzazione di queste elezioni presidenziali.

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    Last Post by Alessandro Agnitti il 20 June 2016
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  6. Fake America Great Again
    Cos'è che ha spinto così tanti statunitensi a votare per Donald Trump? Egli rappresenta veramente il sogno repubblicano? Può The Donald diventare Presidente degli Stati Uniti?

    È passato esattamente un anno dal 16 giugno 2015, giorno in cui Donald Trump annunciò la sua candidatura alle primarie repubblicane. Allora quell’annunciò scatenò la gioia di comici e vignettisti, che avevano finalmente trovato il loro bersaglio. Uno dei primi sondaggi, realizzato da Real Clear Politics, assegnò a Trump il favore del 3,6 % degli elettori repubblicani. I vertici del GOP (Partito Repubblicano americano) vedevano di cattivo occhio la sua candidatura.

    Oggi The Donald non solo è il candidato repubblicano alla presidenza degli Stati Uniti, ma, con oltre 13 milioni di elettori, è il candidato che ottenuto più voti alle primarie nella storia del partito repubblicano. Che cos’è che ha spinto così tanti statunitensi, la maggior parte dei quali non vedevano di buon occhio la sua candidatura, a votare per lui? La sua dirompente “spontaneità”? la sua totale assenza di politically correct? Il suo programma radicale e rivoluzionario? Oppure il fatto che si sia, sin dall’inizio, presentato come candidato anti-establishment?

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    Last Post by Alessandro Marchetti il 16 June 2016
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  7. Stati Uniti: Istruzioni per l'uso
    Una panoramica sulle istituzioni statunitensi, la loro storia e il loro funzionamento

    “We hold these truths to be self-evident, that all men are created equal, that they are endowed by their Creator with certain unalienable Rights, that among these are Life, Liberty and the pursuit of Happiness
    The second paragraph of the United States Declaration of Independence

    Dopo la guerra fredda, l’equilibrio mondiale sembra un miraggio fanta-politico; l’idea di democrazia risulta provata; i sistemi istituzionali che cercano di realizzarla appaiono sempre più fragili. Si discute di Unione Europea; ci si divide sul suo futuro; ci si spacca fra chi sostiene un rafforzamento delle istituzioni comuni e chi delle autorità governative nazionali. In questo senso, le elezioni presidenziali Austriache risultano esemplari e il referendum britannico sarà l’evento che chiamerà direttamente dei cittadini a esprimersi sulla questione.

    Gli Stati Uniti, dal canto loro, fanno sentire ancora la propria influenza. Oggi meritano una particolare attenzione, non solo per le imminenti elezioni presidenziali ma anche per il suo funzionamento, il suo assetto istituzionale e le sue dinamiche interne. In un momento di crisi come questo, quindi, riflettere su quella che sembra una delle democrazie più solide del pianeta non pare fine a sé stesso.

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    Last Post by elenamodena il 8 June 2016
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  8. Democrazia, #ciaone
    Il risultato del referendum del 17 aprile come segno dell'ipocrisia del popolo italiano

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    "Una delle facce più appariscenti e vistose del carattere italiano è l'ipocrisia. Ipocrisia in tutte le forme della vita: nella vita familiare, nella vita politica, negli affari. La sfiducia reciproca, il sottinteso sleale corrodono nel nostro Paese tutte le forme di rapporti: i rapporti tra singolo e singolo, i rapporti tra singolo e collettività."
    Antonio Gramsci

    Il 17 aprile il 32,15% della popolazione italiana si è recato alle urne per la tanto discussa consultazione sulle piattaforme trivellari entro 12 miglia dalla costa, percentuale che ha decretato la sconfitta del "Sì" e la vittoria dell'astensione: meno di un elettore su tre ha ritenuto necessario andare al seggio per esprimere il proprio parere riguardo a tale questione, ma ha preferito invece godersi la domenica di sole.
    Ci verrebbe da dire che si tratta di un risultato fin troppo prevedibile: era difficilmente credibile il raggiungimento del quorum riguardo a una problematica tanto tecnica e complessa quanto poco direttamente interessante i cittadini italiani, perché certamente non possiamo dire che abbia una qualche influenza immediata sulla vita quotidiana il fatto che si continui o meno ad estrarre gas nei nostri mari entro le 12 miglia. Non sono bastati gli scandali che hanno portato alle dimissioni di alcune personalità del nostro scenario politico, né gli appelli delle Regioni o le campagne di sensibilizzazione all'argomento che i vari comitati ambientalisti (ma non solo) hanno cercato di portare avanti nonostante l'invito all'astensione da parte del Premier Matteo Renzi e dell'ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

    Dando, però, un'occhiata ai risultati dei referendum degli ultimi anni, come quello sull'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori del 2003, che vide la partecipazione al voto raggiungere il 25%, o come quello del 2005 sulla legge n. 40 del 19 febbraio 2004, "Norme in materia di procreazione medicalmente assistita", avente pressoché lo stesso risultato, vediamo che la partecipazione politica attiva non rientra affatto nelle prerogative dell'italiano medio

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    Last Post by Lavinia Peluso il 26 April 2016
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  9. Piccola guida al referendum
    La formula del referendum, il quesito referendario, gli aventi diritto: tutto quello che c’è da sapere per un voto corretto e consapevole

    La data, stabilita con decreto del Presidente della Repubblica del 15 febbraio scorso, è quella del 17 aprile 2016. Il tema è la proroga delle concessioni già esistenti per l'estrazione di idrocarburi entro le 12 miglia marine dalla costa fino all'esaurimento del giacimento. La formula è quella del referendum abrogativo: l’ultima consultazione di questo genere è avvenuta nel giugno 2011, dunque non pochi saranno coloro chiamati, per la prima volta, ad esprimersi in questo particolare tipo di chiamata alle urne. Per questo motivo, unito alla difficoltà di reperire informazioni imparziali e dettagliate inerenti la materia in questione, per coloro che intendono esprimere un voto meditato e consapevole fondamentali saranno un’attenta ricerca di dati al riguardo e la piena comprensione del parere richiesto al corpo elettorale. Cosa che, in un referendum di questo genere, è tutt’altro che scontata. Il voto in un referendum abrogativo è, infatti, completamente diverso da quello che si è chiamato ad esprimere alle elezioni, siano amministrative o politiche: in questi casi è infatti più facile esprimere un voto “di pancia”, semplicemente apponendo una croce sul simbolo del partito o della lista che più rispecchiano i nostri ideali. Presentandosi alle urne senza neppure aver letto il quesito, in una consultazione referendaria, si corre il rischio non solo di esprimere un voto non adeguatamente ponderato, ma di votare esattamente il contrario di quello che si intenderebbe votare.

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    Last Post by Alessandro Marchetti il 5 April 2016
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  10. M = QI + E
    A qualcuno secondo le sue capacità, a nessuno secondo i propri bisogni

    Il termine “meritocrazia” fu usato per la prima volta dal sociologo britannico Micheal Young, che
    sintetizzò il concetto di governo del merito nella formula M = QI + E ( Merit = QI + Effort ).
    In origine con “meritocrazia” si intendeva una forma di governo dispotico responsabile della
    formazione di una classe sociale dominante, costituita appunto da individui particolarmente capaci
    secondo la valutazione del rispettivo quoziente intellettivo e dello sforzo impiegato nel dedicarsi ad
    un certo tipo di lavoro.
    Anche se negli anni il termine ha sovente acquistato una connotazione positiva, è opportuno
    ricordarne il concepimento e la nascita per distinguere lucidamente tra pari opportunità e
    discriminazione.

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    Last Post by Giulia Bernacchi il 7 April 2016
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