Replying to Arte; reale finzione o finzione reale?

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  1. Posted 29/10/2016, 00:18
    “Il poeta colora con parole e frasi ogni singola arte senza intendersi altro che di imitazione. Ma le opere dei poeti, spogliate dei colori, della musica e ridotte alle pure parole, appaiono come il volto dei ragazzi in fiore quando la bellezza li ha abbandonati”. Così Platone nel decimo libro della Repubblica, in riferimento alla capacità dell’arte di imitare la realtà e di “ingannare” l’individuo, scredita ogni forma di produzione artistica (dalla poesia, alla pittura, al teatro ecc…). L’artista (classicamente inteso) infatti ambisce alla riproduzione fedele delle realtà ma riesce a fornire unicamente copie imperfette dei suoi modelli di riferimento, utili solo ad ingannare gli altri; essi dunque non conoscono realmente le cose che riproducono ma fingono di conoscerle. Oltre ad essere degli ingannatori sono dunque pure ignoranti! Ma siamo davvero sicuri che la mancanza di completa aderenza dell’arte alla realtà rappresenti l’ignoranza dell’artista?

    Capita spesso, ammirando un’opera d’arte, che lo spettatore metta in dubbio la percezione della realtà dell’autore. Si pensi ad esempio alla scultura classica ed alla sua rappresentazione di una bellezza ideale; come possono esistere, nella realtà concreta, uomini e donne così perfetti? Ovviamente non esistono e non a caso i romantici sbeffeggiavano i classicisti, vedendoli come artisti senza cognizione del reale. Bisogna però considerare che il presupposto per rappresentare la natura (anche se poi ce ne distacchiamo) è quello di conoscerla. Il pittore greco Zeusi, se ad esempio voleva realizzare il dipinto di una donna bellissima, come poteva essere Elena di Troia, dotata appunto di una bellezza ideale ed inesistente nella realtà, era solito far sfilare al suo cospetto molte donne, prendendo da ognuna la parte migliore (da una gli occhi, da un’altra la bocca, ecc…), per riuscire a realizzare l’immagine di una donna perfetta. Come sarebbe però riuscito nella sua impresa senza un attento studio e conoscenza della realtà fisica (in questo caso l’attenta osservazione dell’anatomia delle sue modelle)? Questo principio è presente in tutte le forme artistiche ed in tutte le epoche; come avrebbe fatto Wagner ad evocare la potenza della tempesta nell’Olandese volante senza aver fatto prima l’esperienza diretta di una tempesta? Come avrebbe fatto Shakespeare a rappresentare la delittuosa gelosia di Otello senza conoscere alla perfezione i meccanismi dell’animo umano? Da ciò emerge chiaramente come tutti gli artisti, sebbene il loro prodotto appaia più o meno lontano dalla realtà, debbano conoscerla perfettamente.

    Inoltre, nonostante possa sembrare che l’artista non si attenga volontariamente alla realtà, la mancata aderenza è una caratteristica inevitabile dell’arte. Come emerge dalla lezione del Romanticismo, l’opera d’arte è la rappresentazione dell’interiorità dell’artista ma essendo ogni individuo caratterizzato da un’interiorità soggettiva, che percepisce la realtà in modo diverso è inevitabile che l’opera d’arte non sia una pedissequa rappresentazione del reale. Questo si può paradossalmente osservare anche in quelle arti che, a differenza delle spiccate sensibilità romantiche, tentano di avvicinarsi il più possibile alla realtà: pittura realista, e fotografia. Nel primo caso, nonostante l’autore si prefigga di rappresentare fedelmente la realtà, non può fare a meno di ricorrere alla sua soggettività (dalla scelta della prospettiva alla tecnica pittorica). Lo stesso vale per la fotografia in quanto è sempre la soggettività del fotografo che detta legge (dalla scelta del soggetto, all’angolazione dell’obiettivo fotografico).

    Oltretutto, se fosse possibile la perfetta rappresentazione della realtà, il concetto di arte perderebbe tutta la sua dignità. Di rado la mera realtà offre interesse artistico. Lo stesso Aristotele afferma non a caso nella Poetica che scopo dell’artista non è quello di rappresentare la realtà dei fatti; è dunque necessario che l’autore intervenga sulla realtà modificandola. Nel caso che invece la realtà sia caratterizzata da un alto valore estetico, come potrebbe essere il cielo stellato tanto caro a Kant, allora all’artista in grado di rappresentarla alla perfezione non spetterebbe alcun merito (se non il merito di avere una grande abilità esecutiva), in quanto la bellezza del cielo non sarebbe merito suo ma della realtà naturale.

    Avendo sempre presente la concezione romantica dell’arte, per cui l’artista rappresenta la realtà secondo la sua particolare visione, si scorge nella mancata aderenza al reale, un grande pregio per l’opera. Grazie a questo l’opera d’arte può infatti rimanere viva nel corso dei secoli, per la grande quantità di interpretazioni e chiavi di lettura che la caratterizzano. Quando Van Gogh usa tratti violenti cosa vuole comunicare? Cosa rappresentano le varie allegorie della Divina Commedia? Questa domanda rende sempre vivo il dibattito sulle opere d’arte permettendo all’autore di dialogare con gli uomini che contemplano le sue opere, senza mai estinguersi.

    Per tutto questo l’artista, nonostante sia un attento conoscitore della realtà, non può rappresentarla senza modificarla e proprio in ciò risiede però la dignità dell’arte; grazie alla mancata aderenza con la realtà è in fatti possibile per l’artista raggiungere alte mete estetiche (talvolta irraggiungibili dalla realtà) e di mantenersi in costante dialogo con gli uomini, tramite le sue opere, nonostante il tempo che passa.

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