Replying to Cronaca di un breve e inverosimile colpo di Stato

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  1. Posted 17/7/2016, 13:03
    Un colpo di Stato. Durato poco più di quattr’ore. In Turchia, la porta orientale dell’Europa. Questo è ciò che è successo ieri notte. Sono le 22.25 La parola “golpe” inizia a rimbalzare da un’agenzia stampa all’altra. Golpe: termine con cui chi ha meno di trent’anni ha poca familiarità. Gli ultimi colpi di Stato svoltisi nell’Europa geografica, avvenuti entrambi in Turchia, risalgono al 1980 e al 1997 (anno in cui i militari intimarono e ottennero che il primo ministro Necmettin Erbakan si dimettesse). E il recente tentativo di golpe è avvenuto quando la ferita della strage di Nizza era ancora fresca e sanguinante. Così, mentre l’”uomo comune” è ancora sconvolto dall’orrore consumatosi sulla Promenade des Anglais, reporter, giornalisti ed opinionisti si trovano altrettanto spiazzati nel fare quello che per loro dovrebbe risultare più facile: fare informazione.

    La situazione, come non è difficile immaginare, è convulsa; a causa del blocco di internet imposto dai golpisti, le notizie che arrivano sono scarse e frammentate: poche immagini riprese dai cellulari, notizie che arrivano per via telefonica e poco altro. Si tratta probabilmente del primo tentativo di colpo di Stato ad essere seguito interamente in diretta. Tentativo, esatto. E la rapidità con il quale questo tentativo è stato sedato è quasi disarmante. Poco prima della mezzanotte, l’esercito, responsabile del golpe, afferma di avere assunto il controllo della tv di Stato e di tutta la città di Istanbul, avendo occupato il principale aeroporto e i ponti sul Bosforo, che collegano la parte asiatica della città con quella europea. Il golpe sembra riuscito. Quasi contemporaneamente arriva il comunicato del presidente Erdogan, che parla alla CNN attraverso uno smartphone: «Elimineremo questa minaccia in breve tempo, e io tornerò ad Ankara. Sono ancora il presidente della Turchia ed il comandante in capo: resistete al colpo di stato scendendo nelle piazze e negli aeroporti». Il timore che non tutto l’esercito, come inizialmente si pensava, sia a favore del colpo di Stato viene rinfrancato da alcune notizie che arrivano verso le 01.00: il comandante della Marina militare si dichiara fedele ad Erdogan; 17 morti in una sparatoria tra esercito e polizia; disordini e sparatorie in centro ad Istanbul. Pare che le forze ancora favorevoli al Sultano abbiano accolto il suo appello a “resistere”. Le immagini di civili in festa che sventolano le bandiere della Turchia cozzano con quelle della guerriglia sul Bosforo.

    Poche ore dopo la situazione si risolve, nella maniera più inaspettata: i militari golpisti arretrano di fronte alla folla di civili disarmata scesa in piazza per sostenere il presidente; oltre 2500 militari vengono arrestati; Erdogan atterra ad Istanbul tra due ali di folla. Il colpo di Stato è clamorosamente fallito. E i giornalisti dei tg della mattina si trovano non meno disorientati dei loro colleghi della sera precedente: l’essere riusciti a mettere insieme una panoramica più generale dei fatti non fornisce risposte, ma fa solamente sorgere nuove domande.

    Cosa è realmente successo? L’impressione di molti è di aver assistito ad uno dei più ridicoli colpi di Stato della storia. Senza voler assolutamente scomodare teorie del complotto (che si stanno già scatenando), non si può negare che vi siano delle evidenti stranezze. In primis, il comportamento dell’esercito, che inizialmente sembrava compatto a favore del golpe: riesce, con una rapidità disarmante, a prendere il controllo della tv di Stato e delle infrastrutture salvo poi arretrare tre ore dopo di fronte ad alcune migliaia di manifestanti disarmati; se ciò fosse stato dettato solo dalla volontà di evitare una guerra civile, il loro comportamento andrebbe definito più che encomiabile: ma molto raramente un colpo di Stato si è svolto senza colpo ferire e certamente gli organizzatori avrebbero almeno dovuto mettere in conto una rivolta popolare. Anche l’”affaire Erdogan” si tinge di giallo: dato in volo verso una potenza straniera, i golpisti (ingenuamente) gli lasciano la libertà di chiamare a raccolta i suoi sostenitori; infine, a violenza quasi conclusa, egli atterra trionfalmente all’aeroporto Ataturk, accolto da due ali di folla. Scomodando la storia, non risulta che Salvator Allende abbia avuto questa possibilità durante il colpo di Stato che, nel 1973, consegnò il Cile al generale Pinochet.

    Inoltre le potenze straniere, in casi simili, sono solite trincerarsi dietro lunghi silenzi, per non compromettere la loro posizione sullo scacchiere internazionale: le prese di posizione solitamente arrivano a fatti avvenuti. Invece, Stati Uniti e Germania, seguiti a ruota da molti altri, hanno, ad ostilità ancora in corso, affermato che «Tutti i partiti in Turchia devono sostenere il governo eletto democraticamente». Posizione doppiamente strana, se si considerano due aspetti: in primo luogo, molti ritenevano che la caduta di Erdogan avrebbe posto fine all’imprevedibile politica estera della Turchia (non dimentichiamoci che fa parte della NATO); in secondo luogo, in quel momento, Erdogan veniva dato per destituito. Nessuno mette in dubbio che le potenze internazionali dispongono di sistemi di informazione più sofisticati e radicati (vd. servizi segreti) delle agenzie stampa, ma la rapidità con cui alcune di esse hanno voluto mostrare il loro sostegno al presidente Erdogan è un’altra anomalia di questo tentato golpe. Infine, le presunte motivazioni: l’esercito turco, anche in contrasto con le forze governative, si è sempre posto a tutela della libertà e della laicità del paese, seguendo le orme del padre della patria, Mustafa Kemal Ataturk. A questa tendenza “garantista” dell’esercito si devono aggiungere la reazione alla politica estera di Erdogan e ai suoi presunti appoggi allo Stato Islamico. Ebbene, nonostante le motivazioni siano molto più forti di quelle che, per esempio, hanno portato al colpo di Stato (riuscito) del 1980, i presunti difensori della patria si sono fermati di fronte ad alcune centinaia di manifestanti disarmati.

    Mettendo insieme questi diversi elementi, sorge un lecito dubbio: è mai possibile che ad organizzare un colpo di Stato siano stati dei dilettanti allo sbaraglio, incapaci di tenere il controllo del paese per più di quattr’ore? Il sospetto che ci sia qualcos’altro dietro, che anche questo avvenimento sia la classica medaglia a due facce, di cui una viene ostinatamente tenuta nascosta. Ma, come detto sopra, non sfociamo nel complottismo. E allora non rimane altro che concentrarsi su ciò che rimane di questa folle del 15 luglio 2016: 265 morti e centinaia di feriti; 2839 militari detenuti in attesa di conoscere la loro sorte; e un presidente Erdogan molto più forte di prima.


    Alessandro Marchetti

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